venerdì, luglio 15, 2005

HO VINTO UNA MEDAGLIA

Ciao, scrivo da Sestola dove sto lavorando in un centro sportivo di tennis...come tale ovviamente si praticano molti sport e si tende a fare molti tornei non solo di tennis. Gli altri anni si tendeva a darte importanza alle premiazioni, a fare una cerimonia più o meno seria in cui si premiavano i vincitori dei vari torneii...quest'anno un po alla volta, insieme al direttore del centro, stiamo cercando di eliminare questo mito della medaglia, della vittoria e stiamo cercando di puntare tutto sul divertimento per i ragazzi senza tanti vinti ne vincitori...affrontando tutto con molta semplicità e informalità. D'altra parte durante le lezioni di Tennis i ragazzi devono seguire regole precise e comportamenti limitati: mettersi in linea, avere la racchetta al petto mentre il "maestro" parla...avere le spalle serrate e non calpestare la linea, guai...avere i vestiti in ordine ecc.
Mi chiedo se tutta questa formalità, competizione, ricerca di avere questa cazzo di medaglia sia giusto omeno..sono arrivato alla conclusione che il rapporto più bello con un ragazzo si instaura con la semplicità e con la collaborazione...senza far notare differenze tra chi ha vinto e chi ha perso...insomma di medeglie, di vittorie, di sperare che vinca uno al posto di un altro mi son proprio rotto il cazzo...non sopporto più le competizioni e non ho più quell'ammirazione che magari potevo avere per un campione sportivo. Il vero campione per me è quello che mi rispetta e sa rispettare...metto da parte le medagli, le coppe e i trofei; è un po triste vedere gente adulta che insegue una coppa...lascioa chiunque tutte le medaglie in palio, li lascio scannarsi per VINCERLA. Speriamo di aver lasciato qualcosa a questi bambini, di certo ci abbiamo provato e forse più che a loro è servito a me per rendere più forti certe mie idee. un saluto a ew..a che di questi pensieri ne sa parecchio e che sparge insegnamenti col suo modo di vedere le cose.
zufede

5 commenti:

ew..a ha detto...

..se i ragazzi si ricordassero di questa visione alternativa delle competizioni avreste vinto voi una "medaglia" .

ew..a ha detto...

cioè?

ew..a ha detto...

dici giustamente (zpl) che se siamo arrivati dove siamo è perchè la competizione porta a migliorarsi. nulla da obiettare. ma come si compete? magari fosse come dici tu, io non la vedo così postiva e centra poco anche la negazione di un sistema di valori; siamo ormai arrivati ad un punto che, in genere, per arrivare si può qualunque cosa. dalla politica allo sport perfino a livello amatoriale. non c'è nulla di male nel cercare di "insegnare" che la medaglia non è tutto o esiste solo il primo, una persona può dare il meglio di sè anche se non ambisce ad arrivare da nessuna parte, la scienza e la tecnologia comunque sarebbero progredite, in quanto i genialoidi che danno vita a un idea appunto geniale, sono mossi dalla curiosità personale, a mio avviso, per cui la competizione passa in secondo piano. non mi sembra neanche che non sia propositiva come visione della realtà, fare capire ad un ragazzino che prima di essere classificato come primo del gruppo nella sua categoria, deve esserlo anche nel rispetto e nel rapporto con gli altri, cosa che come credo di avere capito dalle chiaccherate con zù manca a gran parte della popolazione di bimbetti. così vengono posti i pilastri per una competizione futura basata sulla meritocrazia e sulla moralità, importantissima quest'ultima per essere un buon "primo".

ew..a ha detto...

Secondo me bisogna distinguere la collaborazione dalla competizione e poi vedere i loro scopi.
Penso che se lo scopo è il raggiungimento di un miglioramento comune la collaborazione può portare allo stesso risultato che si ha con la competizione con la differenza che, collaborando si mira al risultato finale al di là di chi lo raggiunge; competendo si mira a CHI raggiunge per primo quel risultato.
Sono d’accordo con te Michele quando dici che la competizione porta ad avere dei buoni risultati che però credo sono mirati più per chi li raggiunge che per l’utilizzo di essi da parte di altri.
Posso fare un esempio specifico nel mio caso: se mi metto in competizione con un altro animatore per vedere chi fa divertire di più i ragazzi durante una serata in un certo senso spero che il mio “avversario” faccia divertire il meno possibile i ragazzi in modo tale da avere più possibilità di risultare io il più capace.
Se la guardo dal punto di vista collaborativi spero che il mio “collaboratore” abbia delle buone qualità e ben venga che siano migliori delle mie perché lo scopo e far divertire i ragazzi. Se mirassi solamente a “vincere” questa sfida il mio impegno sarebbe mirato ad esaltare le mie qualità per uno scopo mio personale…in quel caso dovrei mettermi in discussione e chiedermi se questa voglia di “apparire” sia un modo per colmare dei disagi che probabilmente ho con me stesso e forse nei confronti degli altri.
Purtroppo in molti ambiti la competizione porta ad una limitata possibilità di miglioramento; penso che alla fine si ritorni sempre ad un discorso egoistico…se voglio raggiungere uno scopo che serve a me mi metto in competizione e probabilmente ottengo dei gran risultati (per me però!) che di sicuro non avrei ottenuto rimanendo estraneo alla competizione.
Se veramente lo scopo è un miglioramento per altri darò comunque il meglio di me stesso integrando le mie capacità con quelle degli altri.
Ovvio che se uno sceglie di entrare a far parte di un giro (come è lo sport agonistico) dove è scontato che la competizione fa da padrona il cercare la vittoria non risulta cosa strana….ma è proprio l’abitudine a questo che mi spaventa…abituarsi ad essere il primo che raggiunge qualcosa più che il sperare che in un modo o nell’altro (anche senza il nostro apporto) quel qualcosa venga raggiunto.
Ma perché bisogna essere sempre protagonisti in qualcosa?

Questo intendevo dire quando mi riferivo alla competizione.
Penso si possa dare tanto ed essere soddisfatti di quello che si fa anche senza essere riconosciuti perché la prima soddisfazione, e la più importante, secondo me, è quella che arriva da noi.
Non bastano mille complimenti o elogi se non si sente personalmente di aver fatto una cosa nel modo giusto.
Se il nostro scopo personale riguarda anche gli altri allora abbiamo raggiunto qualcosa di importante.

Anonimo ha detto...

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